0-scacchiSecondo alcuni studiosi di materie psichiche, una delle evidenze più “robuste” a sostegno della sopravvivenza umana alla morte del corpo sarebbe stata fornita da una singola partita a scacchi giocata tra due campioni di altissimo livello, ai primi posti in una classifica internazionale dei migliori giocatori di scacchi di tutti i tempi. Durata circa 7 anni e mezzo, la competizione avrebbe visto contrapposti il russo Victor Korchnoi e l’ungherese Géza Maróczy.

0-treSe non siete esperti di storia degli scacchi, non potete capire perché ho usato il condizionale, né il nesso tra scacchi e sopravvivenza, ma basta poco per risolvere l’enigma. Maróczy, nato nel 1870, è morto nel 1951; Korchnoi, nato nel 1931, è morto pochi mesi fa, nel giugno del 2016; e la partita che li ha visti contrapposti, organizzata dall’agente di cambio svizzero Wolfgang Eisenbeiss, è stata giocata tra il 1985 e il 1993 per il tramite di un medium svizzero completamente digiuno di scacchi, Robert Rollans, attraverso il quale si sarebbe manifestato lo “spirito” di Maróczy. Ogni mossa “comunicata” a Rollans veniva trascritta e inviata per lettera postale a Eisenbeiss, che nello stesso modo la spediva a Korchnoi (sebbene tutti vivessero in Svizzera); quando questi aveva elaborato la sua mossa, la inviava per iscritto a Eisenbeiss, che con un’altra lettera la faceva pervenire a Rollans, affinché questi la “rendesse nota” al Maróczy spirito. Con l’onore della prima mossa, il gioco di Maróczy nella fase iniziale è stato piuttosto debole, ma si è fatto assai più forte nel finale della partita. Korchnoi, inizialmente in vantaggio, ha avuto poi qualche difficoltà ma è riuscito infine a sopravanzare l’avversario, il quale dopo 47 mosse ha deciso di abbandonare ammettendo la sconfitta.

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Wolfgang Eisenbeiss

Altro elemento degno di nota è che nel corso della partita Eisenbeiss ha rivolto al Maróczy spirito domande su questioni connesse alla sua vita, ricevendo non solo risposte frammentarie, ma un totale di 38 pagine scritte a mano da Rollans in lingua ungherese con numerose informazioni su eventi e dettagli personali, che hanno richiesto un notevole lavoro e il coinvolgimento di alcuni esperti per controllarne la veridicità.

0-articoloNel 2006 Eisenbeiss ha pubblicato un lungo resoconto di questa vicenda sul Journal della Società inglese per la Ricerca Psichica, cui ha fatto seguito un’analisi del neuropsichiatra e parapsicologo sudafricano Vernon Neppe, appassionato scacchista di considerevole abilità sebbene inferiore ai grandi maestri internazionali. Verificando al computer la validità delle mosse di quella partita, Neppe è giunto alla conclusione che complessivamente abbiano espresso una qualità di gioco molto elevata, per quanto la strategia del Maróczy spirito risentisse di vecchie teorie in auge nella prima metà del Novecento, superate all’epoca in cui Korchnoi ha trionfato arrivando a giocare per il titolo di campione del mondo. Curiosamente, Neppe ha riscontrato che lo stile di gioco del Maróczy spirito era piuttosto vicino a quello di un campione italiano, Enrico Paoli (1908-2005), entrato in contatto con Eisenbeiss per fornirgli informazioni storiche in grado di confermare alcuni dati contenuti nella “comunicazione” scritta da Rollans.

In definitiva il giudizio di Neppe è analogo a quello già espresso da Eisenbeiss: quella partita è troppo particolare e di livello troppo elevato per poter essere stata “falsificata” da qualcuno che già non fosse un grande campione di scacchi. Ciò esclude quale artefice di una frode il medium Rollans e lascia spazio – a parere dei due studiosi – esclusivamente all’eventualità che a giocare la partita con il maestro Korchnoi sia stato davvero lo spirito di un altro grande campione, identificabile con certezza con Géza Maróczy grazie ai dettagli storici intimi, generalmente ignorati e mai scritti da nessuna parte, rivelati nella “comunicazione” di 38 pagine.

Che io sappia, nessuno ha finora contestato in maniera significativa queste conclusioni, che hanno comunque ricevuto più di un apprezzamento. Personalmente, pur molto incuriosito dalla partita (un tempo, ero appassionato di scacchi) non riesco a condividere nemmeno in parte il giudizio espresso da Neppe ed Eisenbeiss, se non altro perché sono troppi i punti oscuri e le domande senza risposta sulla vicenda. Per esempio, non è stato mai spiegato il motivo del ritardo nella pubblicazione dell’“esperimento” organizzato da Eisenbeiss, terminato nel 1993 e reso noto solo nel 2006. Si è voluto forse aspettare la morte di Enrico Paoli, a un certo momento (quale?) implicato almeno nella ricerca di informazioni su Maróczy e dallo stile di gioco “simile” a quello di Maróczy? E perché nel riportare le “mosse” della partita (la trovate qui) non sono state specificate le date in cui erano state effettuate? Quali meriti oltre questa vicenda ha avuto Robert Rollans, morto nel 1993, per farlo considerare tanto al di sopra di ogni sospetto da rendere superfluo, agli occhi di Eisenbeiss, ogni genere di controllo? E perché nessun altro è stato avvisato o tenuto al corrente dell’esperimento mentre era ancora in corso, o coinvolto quale “co-sperimentatore”? E come mai un test apparso tanto significativo non è stato tentato nuovamente, con un altro medium o altri maestri di scacchi? Perché, al momento della pubblicazione della storia o dopo, non è stato chiesto un parere o una sua versione anche a Korchnoi, che era ancora ben vivo e lucido?

Troppi dubbi, per poter concludere qualcosa di certo, su una vicenda comunque molto interessante e finora unica nella storia mondiale degli studi psichici.

3 pensieri riguardo “La partita della sopravvivenza

  1. Ho letto con molto interesse il tuo articolo. Sono anch’io un ex appassionato di scacchi ed ho avuto il piacere di conoscere di persona tanto Enrico Paoli quanto il “terribile” Viktor Korchnoi (in tornei nei quali la mia scacchiera era molto lontana dalla loro!).

    Concordo sui molti punti deboli della tesi di Eisenbeiss, e non riesco ad immaginare uno spirito che si dedica a giocare a scacchi per interposta persona.

    Vorrei però fare qualche considerazione.

    Sono in disaccordo con gli studiosi che tu citi dicendo che considerano la partita in questione una delle “evidenze più robuste” a sostegno della sopravvivenza. La robustezza è certo molto debole. Ma c’è molto di più da dire, e qui posso solo fare un accenno decisamente minimalista.

    Il termine “sopravvivenza” è stato formulato da uomini che vivono in un contesto spaziotemporale nel quale sono perfettamente utilizzabili le vecchie equazioni di Newton. Percepiamo il tempo come una realtà assoluta, pur sapendo che non lo è. Parlare di sopravvivenza significa attribuire alla coscienza un riferimento temporale che, secondo molte esperienze, non ha. Secondo me dovremmo parlare invece di “coscienza non condizionata dagli ordinari processi cerebrali”, e quindi potenzialmente indipendente dal cervello, e quindi capace, dal nostro limitatissimo punto di osservazione, di “sopravvivere alla morte del corpo”.

    Ora, quello che spinge molti ad essere certi dell’esistenza di questa forma di coscienza libera dagli ordinari vincoli fisiologici è una serie di profonde esperienze personali e non certo una pretesa partita a scacchi tra un vivo ed un defunto. Le esperienze delle quali parlo sono molte, e vanno dalle near-death experiences agli stati estatici e mistici, dalle esperienze con sostanze psicoattive agli stati meditativi “superiori”.

    L’argomento, come sai, è sconfinato ed apre lo sguardo su una realtà nella quale il tempo è assente, cessano di aver valore la nostra logica analitica e le nostre distinzioni e classificazioni, e non si gioca a scacchi.

    Penso quindi che l’argomento sopravvivenza “trascenda” (mi perdonerai il termine volutamente ironico) vicende come quella di Eisenbeiss, che pure ho letto con grande piacere ed interesse, per sollevare ben altre questioni e considerazioni.

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    1. Sì, sono in molte cose d’accordo con te. Ma mi sembra pertinente aggiungere due dati.
      La “classifica” delle vicende che sembrano meglio comprovare la “sopravvivenza” è stata stilata diverse volte, negli ultimi decenni, e ovviamente risente delle opinioni di chi la redige. La partita a scacchi cui ho fatto riferimento è stata posizionata dapprima tra le venti o trenta migliori “prove di”, poi è “salita” al dodicesimo posto, poi al decimo e ora Neppe l’ha collocata al 6° posto. Non c’è bisogno di entrare nei dettagli per capire come qualcuno prenda molto sul serio giochini del genere, nell’intento di trovare uno o pochi elementi apparentemente oggettivi che “obblighino tutti a decidere” in una certa direzione (e non c’è bisogno che ti specifichi che io non condivido affatto una simile impostazione).
      La seconda cosa è che quando si parla di “prove” di sopravvivenza etc., non si fa riferimento a esperienze intime che forniscono una certezza soggettiva di qualcosa, ma proprio a un dato che non può essere smontato e garantisce (almeno temporaneamente) una certezza oggettiva. La differenza tra i due tipi di certezza sta nella possibilità di condividerli: nel primo caso, la certezza non può uscire dai confini della singola persona; nel secondo invece può essere condivisa ed è proprio questo che fa diventare conoscenza, patrimonio comune. Una simile distinzione è fondamentale, anche se ovviamente non dice niente sul valore o sulla qualità delle specifiche certezze.

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  2. Tra le molte, anche condivisibili, obiezioni che Massimo solleva sulla significatività di quella partita, egli dimentica a mio avviso la più importante: perché uno Spirito dell’aldilà, in tutt’altre faccende affaccendato, dovrebbe ancora aver interesse e dedicarsi a giocare e a corrispondere a una partita di scacchi (come ha osservato anche “parolesenzarumore”)

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