«… i “fatti” lucani sono stati superiori ad ogni aspettativa e credo ne verrà fuori una pubblicazione sensazionale. Naturalmente, non abbiamo potuto assistere a nulla di paranormale: ma il materiale raccolto o ricostruito è tale da dare una fortissima presunzione in favore di parecchi fenomeni psi-g come psi-k. Fotografie prese: oltre 500. Registrazioni al magnetofono: oltre 15 ore». (Fenomeni psi-g erano quelli intellettivi della parapsicologia, cioè telepatia, chiaroveggenza, precognizione; quelli psi-k gli effetti “psicocinetici”.)
Emilio Servadio riassumeva così, in una lettera del 5 giugno 1957 all’amico e “discepolo” Piero Cassoli i risultati del lavoro svolto in Lucania (oggi denotata come Basilicata), tra il 15 maggio e il 4 giugno precedenti, da una spedizione guidata da Ernesto De Martino che si era posta il compito di documentare la presenza nel meridione d’Italia delle pratiche tradizionali esercitate dai guaritori popolare. Malgrado l’entusiasmo dimostrato da Servadio, fiducioso in una “pubblicazione sensazionale” i documenti relativi a quell’indagine non trovarono all’epoca una sistemazione organica tanto da comporre un volume, ma furono soltanto utilizzati in maniera parziale da alcuni dei componenti della spedizione in articoli usciti disordinatamente su diverse testate giornalistiche. Servadio offrì il suo contributo – oltre ad accenni minori e di scarso valore informativo – con tre brevi articoli comparsi nei giorni successivi al suo ritorno a casa sul quotidiano Il Tempo di Roma, e tornando sull’argomento qualche settimana più tardi sui periodici Epoca e La Settimana Incom illustrata (dove rivelò vari dettagli sull’origine di quella spedizione).

Sul primo dei tre articoli usciti sul Tempo, lo psicoanalista e parapsicologo delimitava chiaramente l’ambito dell’impresa appena conclusa: «Oggetto principale della nostra ricerca è il mondo delle presunte cure “paranormali” – o se si preferisce “magiche” – praticate dai molti taumaturghi (“maciari” o “maciare”, come qui li chiamano) del contado lucano.» Il problema comunque non era soltanto medico: «In primo luogo qui si “curano” certe faccende a cui nelle nostre città si esiterebbe parecchio a dare il nome di malattie: per esempio il fatto che una ragazza si trovi, la mattina al risveglio, con i capelli ritorti in una moltitudine di piccoli nodi impossibili a sciogliere… In secondo luogo, il rapporto stesso fra mago e cliente s’inserisce in un clima completamente diverso da quello cui siamo abituati: clima fatto di credenze tradizionali, di sistemi d’idee tanto arcaici quanto coerenti, di induzioni e deduzioni fondate su segni e fenomeni privi di qualsiasi senso per chi non è nel “giro”.»
Nel secondo articolo Servadio riferiva con alcuni dettagli la vicenda di un giovane, Rocco A., che per tre volte si era inspiegabilmente svegliato con mani e piedi legati da una cordicella e che, temendo di poter cadere vittima di altri episodi dello stesso genere, assieme ai suoi genitori aveva interpellato un famoso “mago” della zona. Questi aveva diagnosticato il caso come una “fattura” e aveva prescritto una strana cura basata su bagni caldi e frizioni di unguento ai piedi del ragazzo, mentre lui si dedicava a gesti propiziatori e formule di scongiuro. Dopo nove giorni di un simile “trattamento” il giovane era tanto migliorato da poter andare da solo a ringraziare il mago. Il caso comunque non si concludeva qui, aggiungeva Servadio, in considerazione dell’«eventuale aspetto parapsicologico di tutta la faccenda: aspetto che allo stato attuale delle ricerche sul paranormale psichico o psicofisico non può in alcun modo essere messo da parte a priori. Chi può con certezza asserire che le strane legature di cui è stato vittima il giovane Rocco non abbiano qualche analogia con quelle che hanno contrassegnato certe sedute con medium famosi? (…) Regge, nel caso di Rocco A., la spiegazione esclusivamente medico-psicologica o psichiatrica?»

Nel terzo e ultimo articolo sul quotidiano romano venivano riferiti i frutti di un colloquio con uno dei “maghi-guaritori” conosciuti in Lucania, un tal Giuseppe B., Zi’ Cèppe, che due giorni a settimana riceveva «clienti» che gli esponevano i loro guai e che curava mediante originali rimedi. Trovato infermo e incapace di guarire se stesso, l’uomo aveva ascoltato i problemi riferitigli dai due visitatori – Servadio e una donna che l’accompagnava – e per entrambi aveva compiuto lo stesso rituale: aveva chiesto da dove venissero, aveva recitato a mezza voce formule incomprensibili e aveva terminato alzando la mano destra e rassicurando gli ospiti dicendo loro più o meno: non ti preoccupare, è tutto passato.
Raccogliendo le confidenze di Zi’ Cèppe, comunque, Servadio era giunto a concludere che «Nelle campagne… il cliente va dal guaritore ogniqualvolta ritiene che ciò che gli accade, o che accade a un suo caro, appartiene a un ordine di fenomeni rispetto ai quali la persona che “sta fuori” – fosse anche il più grande medico vivente – non comprende e non può nulla. Questi fenomeni vanno dal malocchio alla fattura, dal mal di capo di origine sospetta alla sterilità femminile o alla mancanza di latte, dallo spostamento inesplicabile di oggetti in casa al deperimento del bestiame. Qualche volta i confini si allargano e c’è chi invoca l’intervento del mago per una nefrite acuta o per una osteomielite. Ma il mago, quasi sempre, in questi casi manda dal medico o si dichiara impotente.» Il medico, notava infine Servadio, e specialmente il medico molto abile «appare al contadino lucano come un essere quasi incomprensibile, mentre il linguaggio e le tecniche del mago non gli destano alcuna sorpresa. Proprio il contrario di quel che proverebbe un cittadino al quale si dicesse, con certezza, che la medicina cui è abituato è surclassata da un taumaturgo infallibile!» Nessuna traccia di un qualunque fenomeno di interesse parapsicologico dunque, in questi articoli, ma “solo” interessanti notazioni psicologiche e antropologiche, che avrebbero forse meritato di essere maggiormente sviluppate.
L’idea di questa nota mi è venuta leggendo il recente volume di Giulio Caratelli Ernesto De Martino e la Metapsichica, che ho segnalato qui.
L’ha ribloggato su Antonella Lallo.
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