Ci si pensa di rado, ma il primo strumento utilizzato da coloro che hanno dato inizio al movimento spiritista è stato il tavolino. La dizione più comune, nei primi tempi, era quella di tavolo – semovente, ballante, ruotante, etc. – e non esattamente tavolino, o tavolino a tre zampe come si sarebbe detto in seguito, perché gli effetti cinetici che parevano animarlo sembravano prodursi per qualunque dimensione del mobile, in dipendenza soltanto del numero dei partecipanti all’esperienza, tra i quali perfino la presenza di un medium “riconosciuto” sembrava di secondaria importanza. Solo più tardi, al ripetersi e allo strutturarsi delle “sedute medianiche”, si notò il vantaggio di usare tavoli di misura ridotta e leggeri, lasciando in pace le grosse tavole da pranzo predilette inizialmente e che avevano ispirato i primi disegnatori che a metà del diciannovesimo secolo hanno raffigurato la nuova moda di contatto con l’ignoto. L’immagine seguente, ripresa da un numero del 1853 (l’anno in cui il fenomeno “sbarcò” in Europa) della rivista francese L’Illustration, esprime bene l’aspetto assunto da quell’appassionante gioco di società.
Appoggiando le mani sul piano del tavolo, i componenti della “catena” (termine indicativo della necessità di stabilire la continuità tra tutti i partecipanti) riuscivano a indurre il mobile a compiere una variata serie di movimenti: inclinazioni laterali, spostamenti in linea retta, rotazioni attorno a un asse centrale, sollevamenti dal pavimento di tutte le zampe, “saltelli” sul posto… I primi sperimentatori cercarono di misurare l’entità di questi fenomeni e di capirne l’origine, e malgrado la maggior parte dei test dei primi anni si concludesse con un verdetto di non-anormalità del fenomeno (attribuito invece alla pressione delle mani, ai piccoli tremori delle dita, alla trasmissione delle pulsazioni arteriose, ai moti muscolari involontari…), far muovere i tavoli continuò a rimanere un eccitante passatempo in molti ambienti mondani. Il che contribuì a consolidare la convinzione che quei movimenti fossero prodotti da entità di natura spirituale. (Per chi vuole leggere qualcosa in originale, posso indicare un testo di Giuseppe Terzaghi del 1853; e gli “studi” sulle tavole rotanti condotti nel 1854 dal francese Agénor De Gasparin (qui e qui), di recente riesaminati in un articolo di Carlos S. Alvarado.)

Contemporaneamente si svilupparono dei modi per consentire alle misteriose entità non solo di far sentire la loro presenza, ma anche di trasmettere i propri “pensieri”. Secondo lo schema introdotto nel 1848 in riferimento ai “colpi misteriosi” di Hydesville, dalle sorelle Fox giudicati la manifestazione dell’anima di un defunto, a ogni singola lettera venne associato il numero corrispondente nell’alfabeto (A era 1, B 2, C 3…) per cui era sufficiente contare i colpi manifestati dal tavolo (scricchiolii nel legno, sobbalzi e ricadute sul pavimento, inclinazioni laterali) tra due pause di silenzio, per riuscire a mettere insieme più lettere a formare parole, più parole a formare frasi, più frasi a formare un testo lungo. In una versione “raffinata” del metodo, uno dei componenti della catena pronunciava le lettere in ordine alfabetico e “il tavolo” designava quella giusta mediante un colpo. La procedura era lenta e noiosa: e non solo per le lingue latine, ricche di parole lunghe, ma perfino per l’inglese, composto soprattutto di vocaboli brevi. È questo che lascia più di un dubbio sulla stesura dei volumi, talora ponderosi, di pretese “comunicazioni spiritiche” che si dicevano ottenute con uno dei metodi appena indicati.

A volte i mobili sono stati utilizzati prendendoli dove capitava, negli appartamenti dove si svolgevano le sedute; altre volte sono stati invece costruiti appositamente – tanto che di recente si è manifestato un certo interesse di collezionisti e musei nei confronti di questi ultimi esemplari. Con il tempo, la dettatura “spiritica” a base di colpi è stata sostituita da metodi meno faticosi e rumorosi: per esempio la scrittura automatica. E i tavoli sono diventati più agili, perdendo magari uno dei quattro appoggi e divenendo meno stabili e pesanti.
Per alcuni decenni sono comunque rimasti degli “indicatori” di forza medianica, ma poi, dal primo Novecento hanno cominciato a scomparire dalle riunioni e dalle foto che tentavano di documentare l’attività dei/delle medium. Attorno al tavolo si svolsero quasi sempre le sedute di Eusapia Palladino e di Augusto Politi, e spesso quelle del Circolo Goligher; ma senza alcun tavolo d’appoggio si sono esibiti Linda Gazzera e Rudi Schneider, Marthe Béraud (Eva Carrière), Mina Crandon (Margery), nonché quasi tutti gli altri di tempi a noi più vicini. In epoca contemporanea i tavoli sono totalmente scomparsi dall’arredo tipico della medianità classica a effetti fisici, sebbene nell’immaginario collettivo rimangano lo strumento più tipico di questo tipo di attività, indipendentemente – è ovvio – da ogni discorso di merito sul valore e sull’attendibilità di questo genere di fenomeni. (Qui sotto, altre due immagini di tavoli medianici.)


Gracias por citar mi articulo sobre Agenor de Gasparin. Las mesas giratorias fueron muy importantes no solo en terminos del fenomeno, pero por proveer el contexto para desarrollar ideas teoricas no solo sobre espiritus, sino tambien sobre movimientos inconscientes y fuerzas psiquicas.
Carlos S. Alvarado
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