Pietro Mascagni (1863-1945)

È generalmente poco nota l’amicizia che tra la fine del xix secolo e i primi anni del xx legò Pietro Mascagni a Luigi Arnaldo Vassallo. Notissimo compositore il primo, di cui si apprezza oggi quasi soltanto La cavalleria rusticana, trascurando una copiosa produzione comprendente brani sinfonici, musiche sacre, melodrammi, operette e un paio di colonne sonore di film; notissimo giornalista il secondo, autore di volumi di genere umoristico o divertente e attivo promotore, negli ultimi anni di vita, dello spiritismo. Fu proprio in ragione di questo impegno che alla fine dell’Ottocento, probabilmente nel 1899, Vassallo scrisse in versi una breve azione teatrale incentrata su una seduta medianica dai risvolti drammatici, consegnando il manoscritto all’amico Mascagni nella speranza che se ne servisse quale libretto per un’opera musicale. Il compositore, anche per scene quali l’evocazione del musicista del xvi secolo Pier Luigi da Palestrina, in un primo momento fu tentato dalla “sfida”, ma sentendo quel progetto poco congeniale alla sua ispirazione lo abbandonò ben presto, malgrado avesse già iniziato a buttar giù una partitura. Vassallo non fece alcun tentativo di pubblicare il testo, di cui quindi ignoreremmo tutto se lo stesso Mascagni non ne avesse redatto una sintesi abbastanza dettagliata in una lettera a sua moglie, inclusa in un volume biografico uscito nei primi anni del Novecento: dopo la morte del giornalista ma mentre erano ancora vivi sia il compositore sia amici comuni, che avrebbero potuto smentire (ma non lo fecero) l’eventuale inesattezza dell’informazione.

Luigi Arnaldo Vassallo (1852-1906)

Per chi possa esserne interessato, riporto ora integralmente quella descrizione del “candidato libretto” Spiritismo di Vassallo; uno scritto – come si vedrà – privo di vera inventiva e di pregi stilistici, certo inadatto a finire rappresentato in teatro. Lo accompagno con alcune incisioni (che mi sembrano pertinenti e suggestive) che illustravano l’opera di G.G. Franco Gli spiriti nelle tenebre pubblicata a Milano nel 1887.

“Siamo nel ricco appartamento del conte Valfreda, spiritista convinto, che raccoglie attorno a sé parecchi cultori di scienze spiritiche e tutti i medium più celebri del tempo. Il salone nel quale la scena si svolge è di una grande eleganza nelle sue linee architettoniche e nelle sue decorazioni, ma altrettanto semplice nell’arredamento: un gran tavolo nel centro e molte sedie intorno. Una folla di adepti occupa già l’ambiente: sono persone di tutti i ceti, di tutte le età. In attesa del conte di Valfreda, che tutti chiamano il “Maestro”, il suo segretario fa gli onori di casa e riceve gli ospiti. Ed ecco entrare per la prima volta due sposi: lei (Maria) è giovanissima e delicata; lui (Giorgio) un uomo maturo, ma di forte costituzione. È passato da poco a seconde nozze e Maria, la sposina, è stata giudicata come un’eccellente medium per la sua straordinaria sensibilità nervosa. Durante la riunione ella dovrà dar prova di questa sua qualità ed è alquanto turbata, per quanto sia una credente sincera delle dottrine spiritiche. Giorgio invece, assolutamente scettico, deride in cuor suo la gente che gli sta attorno.

“Il conte di Valfreda, il Maestro, entra. Tutti si alzano in piedi e lo salutano con deferenza. Cominciano subito gli esperimenti: un medium si asside sulla poltrona; si spengono i lumi e la scena rimane appena rischiarata da una fioca luce smorta. Gli adepti iniziano le preghiere e fanno le invocazioni. La scena si riempie di piccole fiammelle che descrivono nel buio della stanza fantastici arabeschi. Ad un certo punto tutto il fondale della scena si illumina e cominciano a disegnarsi delle ombre, in mezzo alle quali emerge una superba figura di uomo.

“Il Maestro domanda: «Chi sei, spirito?» E l’ombra risponde di essere Pier Luigi da Palestrina, il grande musicista, che si presenta agli sguardi degli adepti, accompagnato da quanti furono come lui grandi cantori. L’apparizione di questi esseri spirituali deve essere commentata da una musica leggera, quasi impalpabile.

“A poco a poco le ombre si dileguano. E le voci celesti si perdono nella vastità dell’aria! Torna la luce sulla scena e un altro medium, ispirato questa volta da Beethoven, si asside a un organo che è a destra della sala, e suona e canta accompagnato dal coro dei presenti.

“Da ultimo tocca alla giovane sposa di sottoporsi all’esperimento. Ella va a sedersi tutta tremante e pallida alla poltrona. Il Maestro le si avvicina, la guarda fissamente e la ipnotizza. Giorgio, che fino a quell’istante, malgrado i risultati prodigiosi ottenuti dalle precedenti esperienze è rimasto pressoché indifferente, prova come un senso di paura. Si alza di scatto dalla sua seggiola e vorrebbe impedire alla moglie di continuare nell’esperimento. Ma il Maestro lo calma. Si rispengono i lumi e torna la quasi oscurità. Ed ecco improvvisamente il fondale della scena illuminarsi di nuovo e una lieve figura di donna, sottile come l’atmosfera, si disegna a poco a poco e si fa sempre più sensibile.

“Il Maestro domanda: «Spirito, chi sei?» Ma non ha terminato che un grido pauroso risuona nella sala. È Giorgio che urla: «Io solo, so chi tu sei! Tu sei Cecilia, la mia vittima, e vieni qui a domandar vendetta del tuo carnefice!» Tutti si alzano e cercano di calmare quel forsennato, che fuori di sé seguita a gridare e cerca di fuggire. Ma l’ombra parla e dice ch’è venuta non per la vendetta, ma per il perdono. La sua voce è un incanto. Moglie di Giorgio, ella fu avvelenata da lui. Ma non gli serba rancore per il misfatto. Il suo amore per lui è più grande del suo delitto. E si rivolge a Giorgio esortandolo a essere buono, a fare opere pietose e sante, e il perdono di Dio scenderà su di lui, come già è sceso quello della povera morta innocente.

“La commozione degli astanti è indicibile. L’ombra scompare lentamente e la sua voce incantevole si perde, svanisce in un’ultima aureola di luce divina. E il salone torna a illuminarsi. E qui, quale scena! Giorgio, con gli occhi fuori dell’orbita, guarda fisso nel fondo e grida che l’ombra è sempre là, sempre più distinta e più reale. I presenti sono muti e sbigottiti. Giorgio non resiste più oltre e confessa il suo delitto. Sì, egli ha avvelenato la sua prima moglie per carpirne i beni e ne ha spiato con implacabile freddezza l’ultimo respiro. E dopo un terribile accesso di follia e un grido disperato cade morto a terra, mentre gli astanti invocano pace sul suo spirito, che dovrà per tanto tempo vagare nelle regioni infinite del nulla.

“Tutto questo in un batter d’occhio: mezz’ora di dramma e di musica… soggetto impressionante, come si direbbe oggidì alla Grand Guignol.” (Pietro Mascagni)

Un pensiero riguardo “Mascagni, Vassallo e lo spiritismo

  1. Commento inviato da Granfoffo: Sempre notizie particolari, curiose. Questa, davvero divertente e impensabile. Si riesce ad immaginare l’imbarazzo dell’artista che non trova le parole per dire all’amico… “Ma invece, una bella partita a scacchi?”

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