X15508307Nel momento in cui decidono, per conto di una rivista accademica, se un articolo a tema parapsicologico meriti o meno di essere pubblicato, gli psicologi si lasciano influenzare dai propri pregiudizi e assegnano valutazioni meno favorevoli rispetto a quelle che darebbero a testi analoghi pertinenti altri settori della scienza, ad esempio le neuroscienze. Ne deriva che il piccolo numero dei lavori di parapsicologia all’interno della letteratura scientifica accreditata dipende soprattutto dalla scarsa oggettività di chi li giudica: un riscontro che dovrebbe indurre gli psicologi a riesaminare e correggere i propri atteggiamenti, rendendosi finalmente disponibili a questo campo di studi.
A queste conclusioni sembra arrivare uno studio, appena pubblicato sulla rivista internazionale Explore, che ha sottoposto a 50 “giudici” un finto sommario (abstract) di una rassegna parapsicologica e ad altri 50 un altrettanto fittizio sommario di una rassegna neurologica. I due abstract erano stati costruiti sul medesimo schema sintattico e sugli stessi dati numerici, inserendo pochi vocaboli specifici nei punti opportuni per dare l’illusione che si trattasse di una ricerca neurologica o parapsicologica. Le 100 valutazioni hanno indicato che i dati della (presunta) ricerca neurologica venivano considerati più dimostrativi di quelli, assolutamente identici, della (presunta) ricerca parapsicologica, e che quest’ultima era più apprezzata dai giudici con convinzioni metafisiche e parapsicologiche, che da quelli con visioni materialistiche della realtà.

Screenshot (1242)Sintetizzata – spero con sufficiente chiarezza – la pubblicazione su Explore, è giunto il momento di capirne il valore e la portata, anche in vista del fatto che probabilmente verrà citata come dimostrazione dei pregiudizi “della scienza” verso la parapsicologia, di cui amano lamentarsi spesso alcuni tra i massimi esponenti di questa disciplina. Una simile analisi è semplice e conduce ad assegnare lo stesso numero sia al valore che alla portata dello studio: zero. Purtroppo la ricerca ha commesso tanti di quegli errori che i risultati e le conclusioni dell’indagine sono completamente privi di senso. Specifico solo alcuni dei limiti maggiori dello studio – e chiunque conosca l’inglese può divertirsi a trovarne altri, qui.
errori-grammaticali-comuni(1) I 100 partecipanti scelti per operare da “giudici” non sono consulenti già “utilizzati” dalle riviste accademiche, e nemmeno ricercatori o psicologi professionisti (tra i quali si selezionano di solito i revisori), ma solo professori, studenti, neolaureati o altro che si dichiaravano “competenti” o “qualificati” in psicologia, i cui titoli non sono stati controllati in alcun modo. Oltretutto, nell’appello postato in internet non si richiedevano esperienze personali o conoscenze teoriche delle modalità di valutazione della letteratura scientifica, per cui: ogni risultato ottenuto con quelle persone non rappresenta niente di ciò che avrebbero fatto, o fanno di solito, persone di tutt’altro genere. (II) Per esaminare e valutare un articolo, ai giudici viene fornito l’intero testo redatto dagli autori, non il solo sommario: ma in questo caso è stato fatto esattamente l’opposto. Lo studio quindi non ha simulato la procedura ordinaria delle consulenze e non riguarda perciò quello che accade normalmente. (III) Per evidenziare eventuali diversità di giudizio legate alla natura dei testi (parapsicologico e neurologico), si sarebbero dovuti sottoporre i due abstract al medesimo gruppo di giudici; oppure i due gruppi di giudici dovevano presentare analoghe caratteristiche demografiche: età, provenienza, qualifica professionale etc. Invece qui i due gruppi avevano profili diversi; e inoltre ognuno operava su un solo abstract. In queste condizioni, ogni confronto è quanto meno azzardato. (IV) Per definire le credenze o la “filosofia di vita” dei partecipanti, questi ultimi dovevano compilare il questionario detto “Opinioni su coscienza e realtà” soltanto dopo aver valutato l’abstract assegnato. Si sa però che una simile procedura tende a influenzare le risposte successive dei partecipanti affinché appaiano omogenee con le precedenti. Una procedura più adeguata sarebbe stata, banalmente, quella di invertire l’ordine di presentazione dei test: non si comprende (o forse si comprende benissimo) perché ciò non sia stato fatto. (V) Uno studio scientifico di solito viene proposto e, se valido, pubblicato su riviste che trattano dello stesso argomento: questa “coerenza” è un elemento in più a sostegno della validiltà del lavoro svolto. Nel caso presente, invece, la rivista su cui è stata proposta l’indagine è specializzata in “medicina complementare”, mentre la ricerca effettuata si proponeva di esaminare uno dei meccanismi della comunicazione scientifica: tema completamente estraneo alle competenze vantate da quel periodico. Non si comprende (o forse si comprende benissimo) il motivo di una tale scelta.
Bisogna aggiungere, infine, che l’autrice dello studio è la psicologa Bathany Butzer, dell’Università praghese di New York, che si è fatta notare per aver firmato finora, da sola o con altri, alcune pubblicazioni su temi insoliti quali: la riduzione dell’ansia nei giovani suonatori di strumenti musicali che praticano lo yoga; il buonumore e le battute umoristiche sono più frequenti all’interno di coppie felici che tra chi vive rapporti conflittuali; quali sono le caratteristiche della “trance senza alterazione di coscienza” (??) in 83 persone che in un questionario online si erano definite medium senza fornirne la minima prova; un corso di 32 sessioni di yoga praticate a scuola favorisce a lungo termine (un anno) l’aumento dell’autocontrollo emotivo tra le studentesse ma non tra gli studenti maschi, e nell’immediato, ma non a distanza, riduce il desiderio di fumare tra studenti di entrambi i sessi. Ricerche, evidentemente, non meno importanti e fondamentali di quella descritta qui sopra.

2 pensieri riguardo “La presenza della parapsicologia nella scienza

  1. Come al solito Dott. non posso mettermi al Suo livello di scienziato, ricercatore, professionista, ecc. ecc. Sono solo un appassionato della materia. Ritengo, però, che su di un piano squisitamente culturale a chiunque debba essere concesso il diritto di esprimere pareri e giudizi.
    Più di una volta, in questo blog, mi è capitato di “dovermi scontrare” (idealmente si intende) con i Suoi commenti su fatti, personaggi, teorie e quant’altro… niente di diverso e/o di più in questa occasione.
    Non entrerò nel merito del valore della ricerca pubblicata sulla rivista “Explore”, mi limito a dirLe che mai come in quest’anno funesto mi è capitato, banalmente se vuole, di rassegnarmi all’idea che la vita, in ogni suo variegato aspetto, è sempre e cmq una battaglia, dura e crudele, ma proprio per questo, se lo lasci dire, ad un certo punto poi bisogna decidersi DA CHE PARTE STARE!
    La saluto cordialmente

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    1. La ringrazio del suo commento – che però forse meriterebbe di essere firmato in chiaro. Se ho ben capito quel che dice, a lei sembra che io non abbia deciso da che parte stare. Se è così, le ribadisco una posizione che mi sembrava piuttosto chiara: sto dalla parte delle cose serie e del valore della cultura comprovata e condivisa; sto dalla parte di chi sa dare un giudizio spassionato anche su di sé e non scarica su asseriti pregiudizi altrui le proprie carenze (come sembra fare l’autrice dell’articolo che ho commentato), sto dalla parte di chi “cerca” onestamente, magari anche sbagliando, di arrivare a una risposta e mette gli altri in condizioni di verificare quel che fa, e non prova a imporre le proprie convinzioni/conclusioni soltanto per autorità o per atto di fede; sto dalla parte del rispetto delle persone e delle idee, e non delle chiusure e dei limiti preconfezionati; sto dalla parte della ricerca e non delle soluzioni abbracciate per fede, e via dicendo. Insomma, sto (o cerco di essere) dalla parte della ragione e della ragionevolezza, della cultura, della scienza e dell’onestà intellettuale. Sto dalla parte della parapsicologia, quando è fatta bene, e dalla parte di chi la critica, quando è fatta male. Sto dalla parte di chi vorrebbe studiare i medium e mai dalla parte dei medium che vorrebbero farsi accettare come semidei in terra. Sto dalla parte della libertà, e non da quella delle fedi: religiose, ideologiche o d’altra natura. Il che ovviamente non significa che chi non la pensa come me debba necessariamente modificare le proprie opinioni: che se le tenga pure. Ma anch’io ho il diritto di tenermi ed esprimere le mie.
      Francamente non capisco il suo riferimento (che mi ha l’aria di una protesta) sul fatto che “a chiunque debba essere concesso il diritto di esprimere pareri e giudizi”. Con una piccola riserva, sono d’accordo con lei: e infatti, sia lei che io esercitiamo qui il diritto di esprimere pareri e giudizi liberamente. E quando mai ci sono stati segni di chiusura, qui? La piccola riserva di cui parlavo, riguarda coloro che nutrono idee e opinioni “controcorrente” che possono diventare pericolose per la collettività: per es. i negazionisti della contagiosità delle infezioni, i no-vax, i sostenitori di certe “terapie anticancro” inefficaci, e simili. Se ne avessi il potere, permetterei a questa gente di esprimersi e parlare soltanto dopo che hanno rifatto tutte le elementari e superato con successo l’esame di quinta.
      Infine, se mi permette di entrare nel suo personale, visto che è lei a dischiudercelo con le sue parole, vorrei sollecitarla a non considerare la vita una battaglia. Certo, le battaglie ci sono e non sono nemmeno poche; ma la vita secondo me è molto di più: è anche un’attività di costruzione e di condivisione, un processo di maturazione e di conquista, un’opportunità di ampliare gli spazi e di contribuire al progresso comune. Trovando, in tutto ciò, il posto più adatto per la dimensione individuale, che è fatta anche di soddisfazioni ed emozioni.

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