H. Garland. 40 Anni di Ricerca Psichica. Una semplice narrazione dei fatti. Youcanprint 2022, pp. 290, € 21,00. Traduzione e cura editoriale di Raimondo Ferrerio. Prefazione di Paola Giovetti.
Hamlin Garland (1860-1940) è stato uno scrittore e saggista americano di indiscusso successo (vincitore di un’edizione del prestigioso Premio Pulitzer per il giornalismo), del quale sono state finora tradotte in italiano soltanto poche opere narrative. In questo volume, che è ormai una rarità anche nel mondo di lingua inglese, Garland riferisce della sua lunga esperienza di contatto e frequentazione, talora con vere e proprie sperimentazioni, degli ambienti statunitensi della ricerca psichica e della medianità di fine Ottocento-inizi Novecento (il libro è del 1936). Redatto come una sorta di diario in prima persona, il libro porta progressivamente il lettore a conoscere da vicino i personaggi e le atmosfere di un mondo “occulto” di cui si possono leggere oggi soltanto trattazioni impersonali e poco vivaci. A titolo esemplificativo dello stile e del modo di resocontare la partecipazione alle sedute dei medium, vengono ora riportati alcuni paragrafi di uno dei capitoli centrali del volume, con l’avvertenza che il testo originale, con osservazioni teoriche e interpolazioni riferite ad altre vicende, è lungo oltre quattro volte quello qui presentato.
Uno dei miei amici di New York col quale avevo pranzato più volte al club, era John O’Hara Cosgrave, l’editore di Everybody’s Magazine, che era allora uno dei periodici più diffusi. Nonostante le sue notevoli capacità editoriali in materia di stampa popolare, Cosgrave era profondamente interessato in certi aspetti del pensiero orientale. Era essenzialmente un mistico, ma s’interessava molto del mio approccio scientifico allo spiritualismo. Una sera, nell’autunno del 1907, ero ospite ad una cena letteraria a casa sua, e nel corso della cena qualcuno parlò del mio libro La tirannia del buio e desiderava saperne di più su quanta osservazione scientifica fosse in esso contenuta. La mia risposta condusse ad una discussione generale sul mondo nascosto in noi e per più di un’ora descrissi i miei esperimenti con [alcuni] medium professionisti. Al termine della cena mi disse con il suo basso accento irlandese: “Mentre parlavate mi chiedevo, un articolo di questo Garland interesserebbe i miei lettori come ha fatto con i miei ospiti? Presentato come l’avete presentato questa sera, credo che sarebbe sicuramente un successo. Prendereste in considerazione di scrivere uno o due articoli per me?”
Stimolato dal suo entusiasmo, mi misi subito all’opera su di un pezzo nel quale immaginavo un gruppo di persone in qualche modo simili a quelle intervenute alla cena, in cui dileggiatori, credenti, osservatori scientifici e critici mi importunavano sulle dichiarazioni che avevo inserito ne La tirannia del buio. Quest’articolo che gli girai pochi giorni dopo venne letto ed approvato non soltanto da Cosgrave ma anche dai suoi assistenti Gilman Hall e George Barr Backer, e mi fu commissionato di proseguire con almeno un altro paio – una commissione che all’epoca nessuna rivista letteraria americana si arrischiava a garantire.
In verità (quella) fu un’avventura perigliosa, poiché non solo mi costrinse a rivedere i miei taccuini e a scavare nei miei archivi, ma m’indusse a condurre nuovi esperimenti in modo da aggiornare i miei articoli. Dissi a Cosgrave “Mi metterò subito alla ricerca di nuovi fenomeni.”
Si interessò personalmente ai miei piani e… un giorno, mentre ero nel suo ufficio su Union Square, Cosgrave mi disse: “Un mio amico, il Dr. Turner, si sta interessando ad un giovane impiegato di uno studio legale che è un medium straordinario. Il dottore desidera che ceniamo con lui e successivamente assistiamo ad un’esibizione di questo prodigioso sensitivo. Si chiama Daniel Peters, ed il Dr. Turner avrebbe piacere che lo aiutasse a testarne le facoltà.”
Fu così che accadde che pochi giorni dopo mi trovai a casa del Dr. Turner, una bella residenza affacciata su uno degli incroci socialmente più significativi della città. Alla cena partecipavano tre medici e relative signore, nonché un musicista di nome Potter – un gruppo vivace e critico.
Ad un quarto alle otto venne annunciato l’arrivo del sensitivo, e dietro richiesta del nostro ospite andai ad accoglierlo e mi chiusi con lui nella biblioteca mentre la stanza per la seduta veniva approntata. Peters era un giovanotto piccolo e pallido con degli occhi straordinariamente brillanti. Era magro ed esangue, pesando (come mi confessò) solamente poco più di cento libbre, un uomo davvero filiforme.
Non frugai nelle sue tasche, ma lo controllai attentamente e non vidi in alcun posto nel quale avrebbe potuto celare un qualsiasi apparato. Indossava un cappotto corto piuttosto leggero, pantaloni scuri ed un gilet di maglia. Notai in particolare quest’ultimo per il suo strano modello. Non c’era nulla di pesante nelle sue tasche – di ciò mi assicurai – e non aveva nulla in mano mentre andavamo verso la sala da pranzo.
Peters… sistemò le nostre seggiole attorno ad un tavolino che era stato collocato al centro del salone, e volle il Dr. Turner alla propria sinistra e Mrs. Turner nella sedia alla propria destra. Ciò mi pose fuori dall’essere in stretto contatto con lui.
Dopo che tutti ebbero preso posto, il sensitivo, il quale aveva il pieno controllo della cerchia, seccamente ci ordinò di unire le nostre mani. Unì i propri mignoli con quelli di Mrs. Turner e del marito, ed appoggio le loro mani sulle sue ginocchia. Le luci vennero quindi abbassate, e la stanza diventò quasi del tutto oscura; ma dopo pochi istanti pallidi fasci di luce comparvero intorno alle finestre.
Per circa mezz’ora ascoltammo il dottore porre delle scaltre domande a Peters circa le sue reazioni muscolari ed il suo stato mentale durante le sedute. (Poi) sopravvenne il primo segnale che la facoltà del sensitivo era all’opera, un tambureggiare costante sulla sedia di Mrs. Turner. Pochi istanti dopo tale tambureggiare passò al tavolino. Da questo punto in poi cominciai a dirigere la seduta rivolgendomi direttamente ad “Evans” come ad una personalità distinta.
Il Dr. Turner riferì un violento e continuo tremore nel braccio sinistro del sensitivo. “Anche il destro sta tremando,” disse Mrs. Turner. Subito dopo si udirono muoversi le matite ed il blocco sul tavolino. Pochi istanti dopo il suono di fogli che venivano girati indicò che due mani dovevano essere al lavoro. Uno di questi fogli mi arrivò fin quasi sulla faccia, a più di due metri dal sensitivo, mentre i coniugi Turner riferivano di avere il pieno controllo delle sue mani; un attimo più tardi il Dr. Turner esclamò: “Una mano mi sta afferrando il braccio. Delle dita si muovono sulla mia camicia. Ci sono due mani attorno al mio collo! Mi stanno togliendo la cravatta.”
“Accertatevi di mantenere il controllo,” lo avvisai.
“Non è cambiato,” replicò lui. “Il mio mignolo è ancora in contatto con il suo.”
Ora fu la volta di Mrs. Turner esclamare: “Le mani mi stanno stringendo qualcosa intorno al collo – le sento chiaramente. Mi stanno mettendo la cravatta del dottore attorno al colletto. “
Ancora Turner parlò, “Le mani mi hanno slacciato la camicia. Stanno infilando delle matite nelle asole!”
Altri riferirono di mani che davano loro delle pacche leggere, ma io non sentii nulla. Feci finta di lamentarmi di ciò. “Non c’è nulla per me?”
“C’è qualcuno qui per te,” mi rispose il sensitivo. “Scrivi il tuo nome,” lo incalzai, ed immediatamente si udì il suono della scrittura. Un foglio di carta venne strappato dal taccuino e mi volò in grembo. Un attimo più tardi qualcosa colpì contale violenza il tavolo di fronte a me che esso crepitò.
“Cosa è stato?” domandai.
“Sono i miei polsini,” disse Peters. “Loro me li levano spesso. Sono inamidati alla vecchia maniera e removibili.”
(Io) dissi rivolto all’invisibile: “Evans, togli la maglietta del Dr. Turner.”
Turner riferì che le mani che avevano lavorato su di lui lo lasciarono, e Peters subito esclamò. “stanno lavorando su di me! Mi stanno cavando la maglietta. Vi prego di mantenere le mani unite.”
A questo avvertimento rinsaldammo la catena, ed in meno di un minuto qualcosa di soffice mi cadde sul ginocchio. Lo riferii agli altri. “Penso che si tratti della maglietta del sensitivo, ma non spezzate la catena! Se l’indumento piovuto sulla mia gamba è la maglietta di Peters, abbiamo un fenomeno meraviglioso.”
Quindi il Dr. Turner disse, “l nostri mignoli sono ancora in contatto. Non è stato libero neppure per un momento.”
E sua moglie aggiunse, ‘Non c’è stato alcun movimento nel suo braccio destro. La sua mano tremava ma non si è spostata dalla mia.”
Poiché tutto questo era avvenuto al buio desideravamo ora qualcosa che non fosse riconducibile all’ipnotismo. Quindi dissi, “Vorrei che le mani invisibili sollevassero il tavolino e lo depositassero sul pavimento fuori dal circolo; ciò proverebbe che non siamo stati ipnotizzati.” Il medium acconsentì. “Essi lo faranno. Ma tenete strette tutte le mani, e nessuno si muova. Andiamo, ora. Silenzio!” (Poi) comandò al tavolo di sollevarsi. Lo udimmo oscillare. Lui esclamò, “Si sta sollevando. Fate silenzio!” Ed ascoltando lo udimmo poggiarsi dolcemente sul pavimento al di fuori del circolo formato dalle nostre mani congiunte.
Mrs. Turner disse, “È passato proprio sopra le mie spalle. Ho dovuto chinarmi per evitarlo. Ora è proprio dietro di me.”
Riportammo il tavolino nella sua posizione originaria e tomammo ad abbassare le luci. Allora il sensitivo disse, “Se qualcuno nella cerchia penserà ad una firma, io farò in modo che compaia sul taccuino al centro del tavolo.” Non disse “gli spiriti la faranno comparire sul taccuino,” bensì “io farò in modo che compaia.” Ovviamente considerava ciò un’azione interamente sotto il suo controllo. Così il Dr. Turner esclamò, “Sto pensando ad una firma. “L’avete ben chiara in mente?”
“Sì, la vedo chiaramente.”
Quasi immediatamente si udì il suono dello scorrere della matita sulla carta al centro del tavolo. Quindi Peters domando, “È stato scritto?”
Ascoltando meglio sentii il foglio che veniva girato, dissi pertanto, “Lo stanno ripiegando.” Dei colpi indicarono che il compito era stato eseguito.
Riaccendendo le luci il Dr. Turner trovò che un nome era stato scritto sul taccuino. “È la firma di mio fratello,” disse, “esattamente uguale a quella che è solito fare.”
Una sorpresa mi attendeva. Sul foglio che era stato strappato dal taccuino e che mi era stato gettato in viso trovai il nome “Taft,” vergato nel caratteristico modo su e giù di mio suocero, il Professor Taft. Io non stavo affatto pensando a lui. Non avevo provato a visualizzarne la firma, e nessuno nella cerchia conosceva la sua scrittura o che fossimo parenti. C’era qualcosa d’inspiegabile in questo fatto. Per quanto concerne la maglietta che mi era caduta in grembo, era evidentemente quella indossata da Peters quando si era seduto, e lui ne era ora privo.
Esaminammo attentamente la maglietta. Non si trattava di un capo di vestiario truccato. Non presentava alcuna cucitura sui lati o sul retro. Era una semplice maglietta di soffice lana. Anche i suoi polsini, che erano stati tolti prima della maglietta, giacevano sul mio lato del tavolo. Supponendo che si fosse trattato di un trucco, come spiegheremo il sollevamento del tavolo sopra le nostre teste? Lui non avrebbe potuto sollevarlo neppure se avesse avuto le mani libere – ma queste non erano libere. Nel preciso momento in cui il tavolo volava i coniugi Turner dissero entrambi, “Tenevamo saldamente il sensitivo per prevenirne ogni movimento. Le sue ginocchia tremavano, ma le mani non si mossero.” (…)
I coniugi Turner, profondamente impressionati dagli accadimenti di quella sera, mi dissero mentre mi accomiatavo: “Chiederemo a questo individuo di tornare; e quando lo faremo, desideriamo che siate voi ad accoglierlo sulla soglia di casa, lo perquisiate ed assumiate voi la direzione della seduta. Avremo meno gente, e potrete utilizzare i vostri metodi di controllo. Fate in modo che la cosa sia il più decisiva possibile.”
Con tale accordo io e Cosgrave ce ne andammo insieme. “È stata un’esibizione straordinaria,” disse lui. “Lo è stata veramente,” risposi.