VIAGGIO DI GUARIGIONE DI CLAUDIO NARANJO

Cop-01Testo di Bruno Severi: Esistono varie forme di psicoterapia ma nessuna si è dimostrata a tutt’oggi in grado di portare a una parziale o, più di rado, completa guarigione in tempi e a costi ragionevoli. Ma quel che è peggio, spesso i risultati sono minimi o nulli. Con la scoperta dell’LSD e di altre sostanze psichedeliche naturali e sintetiche si era sperato, a metà del secolo scorso, di avere trovato non la medicina definitiva e assoluta per curare talune forme di disturbo mentale, ma qualcosa che fosse in grado di sciogliere i traumi e sbloccare le resistenze che i pazienti mettono in atto durante il loro percorso terapeutico.

Gli anni ’50 furono caratterizzati da grandi entusiasmi tra gli psicoterapeuti di qua e al di là dell’Atlantico. Si allargò a macchia d’olio un forte fermento a sperimentare sostanze psicoattive nuove o rispolverate tra quelle delle tradizioni di popolazioni lontane ed esotiche. Nello stesso tempo si evidenziò un notevole grado di improvvisazione e dilettantismo tra gli specialisti coinvolti, come era del resto prevedibile quando si percorrono sentieri in territori sconosciuti. A questo periodo di esaltazione per i lusinghieri risultati spesso ottenuti, fecero seguito forti allarmi sociali per la diffusione facile e indiscriminata delle sostanze psichedeliche all’interno del mondo dei più giovani e degli intellettuali. Era quello il tempo degli hippy e dei trip facili. Le conseguenze furono immediate e drastiche. Verso la fine degli anni ’60 le autorità statunitensi vietarono in modo assoluto l’uso, a qualsiasi titolo, degli psichedelici, anche in campo medico e della ricerca. E la medesima risoluzione fu adottata praticamente in tutto il mondo occidentale. La psicoterapia si trovò in un brevissimo lasso di tempo privata di un promettente mezzo terapeutico. Ancora oggi, dopo oltre 50 anni, queste leggi trovano, salvo rare eccezioni, piena e inflessibile applicazione.

Tra questi pionieri ed entusiasti della terapia psichedelica della prima ora, da intendere, ricordiamolo, come ausilio alla terapia convenzionale, spicca la figura e l’opera di Claudio Naranjo. La sua patria è il Cile, dove è nato a Valparaiso nel 1932, ma ha studiato e operato per diversi anni negli Stati Uniti e in altri Paesi. Ha studiato medicina, musica e filosofia, e ha insegnato psicologia all’Università del Cile e diretto il Centro Studi di Antropologia Medica. Negli Stati Uniti ha insegnato religioni comparate al California Institute of Asian Studies e psicologia umanistica all’Università di Santa Cruz. Come psichiatra e psicoterapeuta è considerato uno dei maggiori esponenti della Gestalt e della psicologia transpersonale. Inoltre ha svolto fondamentali studi di etnobotanica nel campo delle piante psicoattive. A questo riguardo viene spesso ricordato il suo avventuroso viaggio del 1961 in canoa lungo il fiume Putumayo, nell’Amazzonia colombiana, alla ricerca dell’ancora misteriosa bevanda allucinogena ayahuasca o yagé, impiegata dagli sciamani della foresta nei loro riti e cerimonie.

Im-01Oltre all’impiego degli psichedelici classici come l’LSD, la mescalina e la psilocibina, ha esplorato e sperimentato nuovi e alternativi composti chimici (tra i più importanti ricordo la MDA, la MMDA, l’armalina e l’ibogaina) ciascuno dei quali da impiegare a seconda della patologia da affrontare. Naranjo ha anche allargato gli schemi e gli scopi della psicoterapia tradizionale, non limitando il suo interesse solo all’aspetto puramente clinico, ma associando a quest’ultimo l’evoluzione spirituale del paziente in un’ottica decisamente transpersonale. Infatti il suo orizzonte culturale ha spaziato anche molto lontano dalle sue competenze professionali investendo la conoscenza delle religioni e della religiosità di varie culture, non ultimo lo sciamanesimo, tenuto da Naranjo in altissima considerazione. Questo particolare aspetto della sua vasta e poliedrica cultura diede luogo negli anni ’70 alla fondazione del SAT, acronimo di Seekers After Truth (i cercatori della verità). Si tratta di un programma, attivo in diversi Paesi europei e latino-americani, che tende a favorire l’emancipazione della personalità umana attraverso pratiche spirituali. Una delle principali finalità del SAT consiste nel fare emergere la nostra più autentica essenza psico-spirituale attraverso la liberazione della spontaneità, che troppo spesso reprimiamo in quanto la società la ritiene fuori dagli schemi comportamentali accettabili. In tutto questo non mancano, peraltro, precisi richiami al pensiero e agli insegnamenti di Georges Gurdjieff e di altri maestri e mistici sia del lontano oriente che occidentali.

Naranjo sostiene che gli psichedelici da lui impiegati con i pazienti sono come la dinamite, in quanto sono in grado di distruggere quel lato della nostra personalità con funzione repressiva e a cui ha dato il nome di mente patriarcale. Sarebbe questa una sorta di tiranno interno, di Super-Io, che reprime la nostra vera natura per affermare regole costrittive e punitive per la nostra e l’altrui vita. Le sostanze psichedeliche avrebbero dunque il potere di sovvertire questo regime autoritario e repressivo per fare emergere in noi il bambino interiore, ovvero la parte più spontanea e naturale del nostro essere. Inoltre, possiederebbero una valenza auto-esplorativa e una capacità di rimuovere i traumi e i blocchi che infestano le regioni più nascoste della nostra mente. Dalla teoria ai fatti: dopo aver studiato gli effetti di diverse sostanze psicoattive, concentrò la sua attenzione prima sull’ayahuasca e su uno dei suoi composti attivi, l’armilina, in seguito sull’ibogaina, impiegata a scopi sacramentali presso le popolazioni dell’Africa centrale, e infine su MDA e MMDA che appartengono alla famiglia delle anfetamine. Con questo bagaglio di conoscenze e di speranze condusse tra il 1965 e il 1966 all’università di Santiago del Cile un intenso programma di psicoterapia psichedelica assistita, il cui racconto e i cui esiti sono narrati e descritti in questo Viaggio di guarigione. Preceduti dal racconto dei motivi e delle situazioni che hanno condotto Naranjo a scrivere questo libro, a cui ha aggiunto interessanti note autobiografiche, seguono quattro capitoli ciascuno dei quali descrive le proprietà e lo specifico uso clinico delle singole sostanze da lui utilizzate e, cosa del massimo interesse, i dettagliati resoconti delle sedute che ha condotto con i suoi pazienti, con la storia dei pazienti, la diagnosi, le metodologie, gli esiti terapeutici e i commenti personali.

La presente edizione di questo libro è una riedizione del libro originario in inglese pubblicato più di quarant’anni fa: The Healing Journey. New Approaches to Consciousness (Pantheon Books, 1973). Anche dopo tanti anni il messaggio custodito in questo libro rimane indiscutibilmente attuale e valido: le idee di fondo non hanno perso la loro lucentezza, e le intuizioni dell’autore riservano ancora grande interesse e rispetto. Tra i tanti meriti che sono attribuiti a Claudio Naranjo, a mio parere, ha maggiore rilevanza quello di avere aperto nuove prospettive alla psicoterapia, aggiungendo alla tradizionale cura della malattia la possibilità di espandere l’universo del paziente verso più vasti orizzonti esistenziali. Questo metodo è applicabile anche alle persone normali che non necessitano di trattamento psicologico, perché permette di scoprire dentro loro stesse gioie e valori che nessuno sospetta d’avere. Una dimensione transpersonale che Naranjo, insieme a pochi altri compagni di viaggio, ha (ri)scoperto e cerca di far conoscere al mondo intero e che già i saggi di varie epoche e di varie culture ci hanno descritto, ma che abbiamo dimenticato o non compreso appieno. Nel libro, a pagina 30, Naranjo avverte: «La vera lingua della psicologia non è il latino, ma l’amore puro». Credo che queste poche parole diano un senso compiuto al suo pensiero. (Bruno Severi)