BelliI seguenti componimenti in rima – entrambi dedicati al tema dei fantasmi “infestanti” – sono dovuti alla penna del più celebre poeta romano, Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863). Conosciuto oggi quasi soltanto per le sue poesie in dialetto, Belli fu in realtà un letterato di ampio respiro, che coltivò interessi in molti settori della conoscenza, non escluse le scienze e la medicina. Con i suoi sonetti reagiva e si esprimeva su quel che accadeva ai suoi giorni, ma la parte forse migliore e duratura della sua produzione è rappresentata dai quadretti di vita quotidiana e dai ritratti dei diversi caratteri che si possono incontrare nel genere umano, che non perdono d’attualità e mantengono una portata universale. Nell’arco di una settimana, nel novembre del 1832 Belli compose cinque poesie in romanesco dedicate agli “spiriti” che secondo le credenze del popolo frequenterebbero il nostro mondo. Il 16 novembre dette inizio a questa breve serie occupandosi dei folletti che sembrano fare dispetti nelle case e della permanenza delle anime dei morti; successivamente avrebbe messo in rima altri generi di spettri, ma con risultati più grossolani e talora volgari. Qui di seguito, la trascrizione integrale dei primi sonetti, con note essenziali per chi è lontano dalla lingua popolare di Roma.

L’anno che Ggesucristo o er Padreterno
cacciò cquel’angelacci maledetti,
tanti che nun agnédero1 a l’inferno
rimàseno pell’aria su li tetti.

E cquesti sò li spiriti folletti,
che per lo ppiù se senteno d’inverno
le notte longhe: e a cchi ffanno dispetti
e a cchi jje cricca2 fanno vince un terno.

Tireno le coperte e le lenzola,
strisceno le ciavatte pe la stanza,
e ppareno una nottola che vvola.

De le vorte te soffieno a l’orecchie,
de le vorte te gratteno la panza,
e ssò nnimmichi3 de le donne vecchie.
[1] Non andarono. – [2] Quelli scelti a loro capriccio. – [3] Nemici.

Dio sia con noi! Lo vedi, eh? Cquer casino1
co le finestre tutte svetrïate?2
Llì, a ttempi de la Cenci3, un pellegrino
de nottetempo ciammazzò un abbate.

D’allor’impoi, a ssett’ora sonate,
ce se vede ggirà ssempre un lumino,
eppoi se sente un strillo fino fino,
e un rumor de catene strascinate.

S’aricconta4 che un’anno uno sce vorze
passà una notte pe scoprì ccos’era:
che credi? In capo a sette ggiorni morze5.

Fatt’è cche cquanno ho da passà de sera
da sto loco che cquà, perdo le forze,
e mme ffaccio ppiù bbianco de la scera6.
[1] Piccola casa isolata. – [2] Con i vetri rotti.
[3] Beatrice Cenci è stata un personaggio realmente esistito: una ragazzetta che, estenuata dai gravi soprusi fisici e sessuali subiti dal padre, ne organizzò l’uccisione. I suoi tempi, la fine del Cinquecento a Roma, erano considerati da Belli un’epoca di terrore e di barbarie.
[4] Si racconta. – [5] Morì. – [6] Della cera delle candele.