computerAlla fine dell’autunno del 2013, il Rhine Research Center è stato contattato da un medico che, a sua volta, era stato chiamato da una famiglia nella quale un ragazzo di 11 anni sembrava vittima di una serie di insoliti disturbi fisici, apparentemente di tipo poltergeist. Una descrizione di quei disturbi, compilata dai genitori, evidenziava come si trattasse soprattutto di malfunzionamenti, rotture e improvvise accensioni degli apparati elettrici ed elettronici mentre il giovane si trovava nei paraggi o cercava di attivare gli strumenti. Una stampante, ad esempio, che di norma funzionava regolarmente, “si comportava” in maniera irregolare solo quando a tentare di usarla era il ragazzo. La situazione era diventata pressoché insopportabile e fonte di forti tensioni all’interno della famiglia. Il medico, che non aveva trovato alcunché di patologico nelle persone, impotente a risolvere quel tipo di problemi aveva infine deciso di interpellare i ricercatori parapsicologi del Rhine Research Center, per sottoporre loro la strana questione.

Dopo poche settimane, una piccola “squadra” di parapsicologi è andata a visitare la famiglia vittima del presunto poltergeist, trovando un quadro generale ulteriormente degradato rispetto a quanto descritto dal medico. I disturbi erano divenuti molto frequenti e interferivano con le ordinarie attività domestiche nella casa: i componenti della famiglia spesso non riuscivano a svolgere nemmeno una telefonata regolare, non potevano vedere un programma televisivo dall’inizio alla fine, il ragazzo non riusciva a stampare i documenti da portare a scuola e così via. Questo aveva creato un livello di tensione e di “nervosismo” molto elevato, che stava deteriorando non solo la qualità di vita delle persone coinvolte ma anche i rapporti reciproci: nessuno riusciva più a sopportare o ad affrontare ragionevolmente i problemi, le accuse reciproche erano all’ordine del giorno malgrado tutti si sforzassero di contenere la propria aggressività, il ragazzo cominciava a rifiutarsi di andare a scuola constatando di non riuscire a studiare e così via. Senza contare che per riparare le rotture e i malfunzionamenti degli apparati erano stati chiamati più volte dei tecnici, il che aveva comportato delle spese elevate.

KruthGiunti sul posto, gli esponenti del Rhine Research Center, tra i quali l’attuale Direttore John Kruth, sono rimasti colpiti soprattutto dall’evidente desiderio di tutte le persone coinvolte che quel disordine finisse quanto prima, così che la vita in quella casa potesse tornare a scorrere regolarmente. Per questo, una volta consultatisi con degli psicologi e con una persona che si era già trovata in passato in condizioni simili, quei parapsicologi hanno studiato un approccio mirante esclusivamente a ridurre la natura distruttiva del poltergeist. La strategia adottata è stata duplice: fornire alla famiglia le informazioni adeguate a riconoscere le circostanze che avrebbero potuto scatenare gli eventi, e dar loro “strumenti” per ridurre l’impatto dirompente di quelle attività. L’intera famiglia è stata introdotta perciò ad alcune semplici tecniche di rilassamento (che includevano esercizi di respirazione e visualizzazione), mentre il ragazzo è stato stimolato a diventare consapevole dei sentimenti e pensieri “negativi” che – così gli è stato detto – avrebbero potuto innescare i disturbi elettrici. In questo modo, specie il giovane ha imparato a controllare le sue emozioni, riducendo l’ansia e concentrandosi per “visualizzare” un ambiente calmo e sereno.

Entro pochi giorni, le anomalie elettriche sono cessate e la famiglia ne è stata sollevata. Due mesi più tardi, però, un cambiamento in famiglia ha introdotto nuovi stress e per circa 10 giorni i disturbi si sono manifestati di nuovo, accompagnati questa volta anche da rumori e colpi vari. Dopo aver applicato le stesse tecniche di rilassamento usate in precedenza, la situazione è tornata a placarsi e gli eventi anomali si sono fermati ancora una volta.

Nessun tentativo è stato compiuto, in quell’inizio di 2014 o in seguito, per studiare in maniera controllata i fenomeni o i comportamenti delle singole persone coinvolte nel caso, né per sottoporre a qualunque genere di sperimentazione l’uno o l’altro dei componenti del nucleo famigliare. Così come – hanno tenuto a sottolineare i ricercatori nella relazione pubblicata all’epoca – nessun tentativo è stato fatto per eseguire interventi psicoterapeutici o clinici di qualunque altro genere finalizzati ad agire sulle cause scatenanti dei disturbi. L’unico obiettivo che si sono proposti era il ripristino di condizioni accettabili di vita all’interno dell’abitazione.

Poi, per nove anni, sulla vicenda è calato il silenzio e ognuno è tornato a vivere per proprio conto finché, nel maggio del 2023, John Kruth ha ripreso contatto con la famiglia «per avere un aggiornamento sulle condizioni del ragazzo e sugli eventi che erano stati tanto dirompenti» ha scritto di recente in un editoriale sul Journal of Parapsychology. Ha così scoperto che «la nonna del ragazzo ne ha parlato come di un giovane intelligente e ben adattato, che frequentava l’università per studiare meteorologia. Dal tempo della nostra indagine iniziale non ci sono state ulteriori segnalazioni di disturbi elettrici e il giovane nei suoi studi utilizza ormai regolarmente la tecnologia e l’elettronica. È un giovane molto religioso, che fa volontariato nella comunità locale. L’area di studio che ha scelto gli fornisce l’opportunità di viaggiare e, sebbene sia cresciuto in una zona rurale, si trova particolarmente bene in ambiente cittadino… Apparentemente ha superato tutte le difficoltà personali che in precedenza originavano i problemi con i dispositivi elettronici e se nove anni fa era l’agente del poltergeist, ora è in grado di tenere sotto controllo quegli eventi.»

Per vari motivi – non ultimo, un’idea differente sulle manifestazioni da includere nell’indagine parapsicologica – non concordo su molte scelte e atteggiamenti di John Kruth. Tuttavia non posso non apprezzare il suo comportamento in questo caso, interamente conformato a un approccio etico verso le persone al centro di presumibili fenomeni parapsicologici. È un tema che ho discusso più volte in passato (nel 2004 in un capitolo di un mio volume sulla parapsicologia; nel 2006 in due versioni di un testo uscito come articolo sulla rivista Metapsichica e diffuso in solo formato elettronico. Per chi ne avesse curiosità, ripresento qui uno di questi lavori), anche se ho l’impressione di non essere riuscito a coinvolgere nessuno con i miei scritti. Li avevo intesi come “raccomandazioni da tener presente”, ma non sono diventate neppure spunti per un dibattito a più voci. Sono quindi contento di vedere che qualcun altro nell’ambiente parapsicologico si è posto nella mia stessa ottica, affrontando una situazione problematica più o meno come avrei fatto io (e come ho fatto realmente in circostanze analoghe). Credo non inopportuno riferire le parole con cui Kruth conclude l’intervento che ho riassunto poco sopra. «Mi sento incoraggiato dall’evoluzione [della ricerca parapsicologica] verso indagini che mettono al primo posto le persone invece di isolare l’attività insolita per farne l’obiettivo primario dello studio. Eventi inspiegabili possono indurre angoscia e confusione, ed è responsabilità del parapsicologo affrontare in maniera comprensiva e solidale innanzi tutto i bisogni delle persone che vivono quelle situazioni, pur mantenendo una visione chiara dei fenomeni oggetto di indagine. A definire il nostro approccio è la nostra etica come ricercatori, e le più moderne indagini sul campo devono riconoscere l’impatto che gli eventi e la successiva indagine hanno sulle persone che esperiscono quei fenomeni, in modo da poterle servire meglio.»

Un pensiero riguardo “Risolvere un poltergeist

  1. Informazioni sempre interessanti. Sinceramente, e questo è dovuto esclusivamente alla mia scarsa formazione in materia, è la prima volta che leggo di come i parapsicologi intervenuti in supporto abbiano operato fattivamente per ridurre i disturbi attraverso tecniche di rilassamento.
    Mi sembra di non ricordare (ma è sicuramente una mia lacuna) di aver incontrato, in ogni resoconto letto finora, i metodi pratici messi in atto.

    L’argomento dell’etica in relazione alla parapsicologia è davvero interessante e credo sia di primaria importanza in casi come quello da te riportato.
    Se si osservano anche solo le abitudini dei giornalisti in tempi passati (ma neanche tanto), si nota una differenza sostanziale, anche solo in termini di riservatezza nei resoconti di nostro interesse, dove chiunque era libero di riportare nomi, cognomi, professioni e indirizzi senza alcuna limitazione.
    Racchiuderei il tutto sotto i termini sensibilità, empatia, professionalità.

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