Il caso del testamento Chaffin è uno degli esempi più citati e noti della storia della ricerca psichica. In buona sostanza, serve a sostenere la tesi che non soltanto i fantasmi si manifestano, ma talvolta possono anche comunicare con i vivi rivelando informazioni importanti e sconosciute. Per raccontarlo in breve, si tratta di questo.

Nel 1905, in una contea del North Carolina (Stati Uniti) un vecchio agricoltore di nome James L. Chaffin si fece preparare un testamento – lui sapeva scrivere a malapena – nel quale lasciava tutte le sue proprietà, terra e casa, al suo terzogenito Marshall, escludendo dalla successione altri tre figli, due più grandi e uno più piccolo del designato.

Poi, improvvisamente, nel 1921 l’uomo morì per una caduta da un albero e secondo quanto indicato dal testamento (all’epoca controfirmato dall’agricoltore stesso e da due testimoni) l’intera proprietà andò a Marshall, nella casa del quale già vivevano da tempo James Chaffin e sua moglie. Quel figlio, però, dopo appena un anno e mezzo morì anche lui, lasciando erede di tutto la sua vedova.

Dopo 4 anni di relativa tranquillità, un altro dei figli minori di Chaffin cominciò a fare strani sogni seguiti da altrettanto strani risvegli, nei quali gli pareva di scorgere in maniera più o meno distinta il fantasma del padre che, aprendo il vecchio cappotto nero che sembrava indossare, gli indicava insistentemente un punto nella parte interna. Rintracciato il cappotto in casa del più grande dei fratelli, in una tasca interna che era stata occultata con una cucitura fu ritrovato un foglio di carta arrotolato, sul quale era stato scritto di leggere il Capitolo XXVII della Genesi nella “Bibbia del nonno”.

Come in una caccia al tesoro, i fratelli si precipitarono allora a cercare quella Bibbia e, in corrispondenza del brano indicato (che, guarda caso, racconta dell’inganno attuato da Giacobbe per rubare i diritti di primogenitura a Esaù), trovarono un altro testamento del padre Chaffin, risalente al 1919, che spartiva la proprietà in parti uguali tra i suoi quattro figli prevedendo che, qualora qualcuno fosse già morto, la rispettiva porzione andasse ai discendenti. Questo secondo testamento appariva scritto di suo pugno e firmato dal vecchio Chaffin, ma senza controfirme di testimoni.

Poiché scontentava la vedova di Marshall, la nuova ripartizione non poté essere compiuta pacificamente e la questione fu demandata al tribunale. Qui il caso approdò una mattina del 1925, ma essendosi protratta troppo la discussione preliminare il giudice sospese i lavori rinviandoli a dopo la pausa del pranzo. In quel lasso di tempo i tre fratelli si incontrarono con la vedova di Marshall e le mostrarono, probabilmente per la prima volta, il secondo testamento del padre; può darsi anche che le prospettassero la possibilità di lasciare a lei, e non a suo figlio, la porzione di beni che sarebbe dovuta andare al marito, se non fosse morto. E fu dunque forse per tutto questo che alla ripresa dell’udienza la donna si fece avanti dichiarando di voler ritirare l’opposizione al nuovo testamento, che disse di avere ora riconosciuto come autentico. La sentenza della causa era, a questo punto, inevitabile: si doveva dar corso alle ultime volontà di James Chaffin così come esplicitate nel testamento più prossimo alla sua morte, ritrovato grazie alle indicazioni ricevute in sogno da uno dei suoi figli. I giornalisti presenti in aula, che non poterono scrivere niente su come si risolva legalmente un conflitto tra due testamenti, non rimasero tuttavia privi di argomenti e si sbizzarrirono sulla storia di un fantasma che dall’aldilà svela un ben celato segreto ignoto a tutti. Versione che per ottant’anni rimase quella ufficiale, apparentemente ineccepibile, della storia, divenendo una gradita e ferrea prova nelle mani dei sostenitori della sopravvivenza e del possibile contatto tra vivi e morti.

Nei primi anni Duemila la faccenda ha avuto un seguito, quando una giornalista californiana ha rintracciato i due testamenti originali, ancora conservati negli archivi di quel tribunale della Carolina del Nord. Affidati a un esperto calligrafo, i documenti hanno rivelato una verità sconcertante, del tutto ininfluente sulle sorti delle proprietà del vecchio Chaffin, ma degna di essere ribadita a per chi insiste a ripetere quella storia nel modo in cui l’ho raccontata finora. E la verità è questa: che il secondo testamento sicuramente non fu scritto né firmato dal vecchio James Chaffin, ma da qualcun altro.

A provarlo al di là di ogni possibile dubbio è sufficiente un confronto tra le firme dei due testamenti – come si può vedere qui accanto. Nel documento più tardo, infatti, si nota una calligrafia migliore, non esitante e involuta come risulta quella della firma del 1905. Ma come è esperienza comune – confermata dai periti calligrafi – all’aumentare dell’età la calligrafia peggiora, non va mai a migliorare. Nessuno, da anziano, riesce a scrivere meglio, più nettamente, di come faceva da giovane.

Con ciò non tutte le domande sono risolte. Né la giornalista californiana nel 2004 né uno studioso che ha affrontato nuovamente la questione nel 2013 sono riusciti a identificare l’autore o l’autrice di quel falso, che certo intendeva riequilibrare una decisione testamentaria discutibile. Né si riesce a comprendere il motivo del duplice “rinvio” a un cappotto e a una Bibbia conservati in posti diversi. Men che meno, si è potuto immaginare in che modo siano stati indotti i “sogni rivelatori” in una persona che forse non pensava nemmeno più alla bizzarra decisione del vecchio genitore, accettata di buon grado assieme ai fratelli. Insomma, la storia presenta ancora dei punti oscuri, e non secondari. Tuttavia è ovvio che non possa più essere presa per il suo aspetto esteriore: nessun fantasma in quel caso è tornato per aiutare a scoprire un documento ignoto. Perché è difficile pensare che un fantasma autentico si sia messo volontariamente al servizio di un’informazione falsa…

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