Tempo di coronavirus. Ma è anche tempo di discorsi su parapsicologia e questioni connesse? Ci ho pensato un po’ e, alla fine, penso di sì. Non perché quelle due tematiche siano neppur minimamente paragonabili per importanza e portata, ma per altre considerazioni. In giorni in cui dobbiamo (dobbiamo ed è indispensabile farlo, nel nostro e nell’altrui interesse) – dobbiamo rimanere a casa e a riposo, avere qualcos’altro da leggere potrebbe essere un’occasione in più per tenere impegnata la mente, contribuendo a far sì che non sbandi verso il panico o la sottovalutazione, entrambi dannosi. Inoltre, penso non sia opportuno rinviare una qualunque cosa di questo genere a un “futuro tornato normale”, quando non si può essere sicuri che il futuro tornerà davvero normale per tutti noi. Dunque, poiché si sono momentaneamente ridotti gli impegni che nei mesi passati mi hanno tenuto lontano da Psi Report, e poiché non posso far nulla di sostanziale (oltre che scrivere, leggere e rispettare le prescrizioni) per dare una mano in questa situazione, torno ora a proporre qualche nuova informazione e qualche spunto di riflessione sui temi tipici di questo blog, cercando anche di fornire riferimenti per ulteriori letture a chi sia disposto a impegnare una parte del suo tempo domestico a tutto ciò.

In Italia le più antiche sperimentazioni parapsicologiche degne di tal nome vennero eseguite… quando né l’Italia né la parapsicologia (“ricerca psichica”) erano ancora nate. Furono condotte per la maggior parte tra il 1849 e il 1953 nel Regno Lombardo-Veneto, che dipendeva dall’Impero austriaco, e nello Stato Pontificio, affrontando temi quali la possibilità della telepatia (all’epoca indicata come “trasmissione del pensiero” o della volontà), la chiaroveggenza, i movimenti dei tavoli sotto l’azione dei medium. A effettuare quelle indagini furono diversi studiosi e i risultati conseguiti vennero pubblicati su riviste specialistiche pertinenti, rimaste a lungo ignorate anche da molti di coloro che hanno finora cercato di ricostruire il passato della ricerca psichica nel nostro Paese. Unica eccezione è stato lo psicoanalista romano Luciano Leppo, che nel 1968 ha delineato le linee essenziali di quei remoti studi in un testo poco noto in Italia incluso in Abnormal Hypnotic Phenomena, un’opera in quattro volumi in lingua inglese curata da Eric Dingwall.

In breve, le esperienze che vorrei ricordare qui sono quelle realizzate all’interno dell’ospedale civile di Vicenza tra il 1° gennaio 1850 e il 19 gennaio 1851 dal dottor Pietro Beroaldi, intenzionato a confermare le conclusioni raggiunte circa un anno prima dal collega milanese Carlo Ampelio Calderini, approfondite nel frattempo da altre ricerche che però Beroaldi sembrava ignorare.

Originario di Pavia, Beroaldi (1807-1873) si era laureato in medicina nel 1840 e già pochi anni dopo si era fatto conoscere negli ambienti medici e universitari di tutto il Lombardo-Veneto dando alle stampe un repertorio completo delle leggi austriache in materia di sanità. Approfonditi in particolare i problemi della “miliare” (un particolare tipo di febbre accompagnata da sintomi psichici), del colera, della gotta e delle malattie psichiatriche, Beroaldi fece la sua carriera all’interno dell’ospedale civile di Vicenza e poco dopo la metà del secolo gli fu affidata la progettazione di un manicomio femminile a Venezia secondo i più avanzati modelli di assistenza e cura non coercitiva ai malati psichiatrici. Impegnato in molte iniziative benefiche e sociali, partecipava alla vita delle Accademie medico-scientifiche del territorio, nelle quali era tenuto in alta considerazione. Nel 1850, quando decise di procedere alla sperimentazione sui fenomeni del “magnetismo animale” (modernamente: ipnosi), era direttore dell’ospedale civile di Vicenza.

Grazie alla posizione che occupava, nel progettare ed eseguire la ricerca che qui ci interessa non incontrò ostacoli o riserve, e non trovò chi obiettasse alla scelta di compiere le prove davanti a un gran numero di testimoni. Come proprio lui scrisse nel resoconto finale: «alle sedute intervenne il personale sanitario addetto allo spedale; vi concorsero moltissimi dei medici e chirurghi della città, e alcuni della provincia; così pure, parecchie delle sedute, e specialmente le ultime, furono onorate della presenza delle principali autorità, e di molte ragguardevoli persone

Lo studio, suddiviso in dodici sessioni, fu effettuato da un piccolo gruppo di lavoro, composto di tre medici (uno era lui stesso) e due impiegati civili dell’ospedale. Quattro invece erano i “soggetti” con cui avrebbero sperimentato: «due erano donne ricoverate, e convalescenti di sofferte malattie; gli altri due, fra i quali uno di sesso maschile, non appartenevano allo stabilimento [l’ospedale di Vicenza]… ma aderirono volontari alle nostre osservazioni».

Il piano di lavoro prevedeva l’accertamento di molti dei “fenomeni mesmerici”: «1. il sonno magnetico, 2. l’anestesia o insensibilità al dolore, 3. la catalessi magnetica, 4. l’abolizione di uno o più sensi esteriori, 5. la dialogazione, 6. il sonnambulismo, 7. la comunanza di senso e di percezione col magnetizzatore, 8. la visione a occhi chiusi e bendati, 9. la trasmissione del pensiero, 10. l’esecuzione di atti volitivi dietro ordine mentalmente dato dal magnetizzatore o da altre persone poste in rapporto ma­gnetico, 11. la chiaroveggenza, o visione a distan­za e attraverso corpi opachi, 12. l’oblio assoluto di tutto quello che l’individuo operò nello stato di sonnambulismo magnetico». La dialogazione era la capacità del soggetto ipnotizzato di rispondere alle parole e alle domande dell’ipnotizzatore.

Tutto venne fatto come previsto, anche se i metodi utilizzati appaiono discutibili alla nostra mentalità moderna. Basti pensare ad esempio alla totale mancanza di riservatezza nei confronti delle persone assoggettate alle prove (di cui si rivelavano pubblicamente nome e cognome, le malattie sofferte, il grado – di solito bassissimo – di istruzione, etc.), o ai modi per verificare l’insensibilità al dolore: conficcando in un braccio uno spillone acuminato, o storcendo un pollice all’indietro. Molto più accurate e condivisibili, invece, furono le precauzioni adottate per giungere a conclusioni quanto più possibile sicure: la testimonianza di più osservatori indipendenti, la ripetizione degli stessi “test” da parte di più sperimentatori e su più persone ipnotizzate, l’introduzione estemporanea di varianti e l’allontanamento degli ipnotizzatori, per evitare eventuali effetti di suggestione, i suggerimenti involontari, gli accordi sottobanco tra sperimentatori e ipnotizzati.

Chi desiderasse leggere nel dettaglio il minuzioso rapporto di Beroaldi, scritto in un italiano ancora comprensibile ma oggi parzialmente caduto in disuso, può procurarselo cliccando qui (la scansione non è perfetta, ma è sufficientemente leggibile). Per chi è solo interessato alle conclusioni finali di quello studio, riporto il brano che le sintetizza, avvertendo che oltre alle notazioni sullo stato magnetico (= ipnotico), per la storia della parapsicologia a essere rilevante è soprattutto la parte finale di quel paragrafo.

Queste le conclusioni raggiunte al termine di quei due mesi circa di prove, così come esposte da Beroaldi al termine del suo rapporto (quasi 70 pagine a stampa). «Sono fatti per noi provati ed incontrastabili il sonno, e sonnambulismo artificiale o magnetico…; l’anestesia od insensibilità al dolore nello stato mesmerico…; l’abolizione dei sensi esterni dell’udito, dell’odorato, del gusto…; la catalessi magnetica…; la comunanza di sensazione, e di percezione col magnetizzatore…; la trasmissione del pensiero colla esecuzione di atti volitivi dietro comando puramente mentale dato dal magnetizzatore o da altra persona messa in rapporto col soggetto mesmerizzato…; la vista ad occhi perfetta­mente chiusi e bendati… Non ottenemmo dalle nostre esperienze alcuna prova di chiaroveggenza nel più stretto senso di questa parola, cioè della facoltà che avrebbe un individuo mesmerizzato di vedere gli oggetti posti anche a grandi distanze, come se fossero ad esso presenti. Così non ci fu dato di constatare qualchedun altro dei più elevati fenomeni mesmerici».

3 pensieri riguardo “La prima ricerca psichica italiana

    1. Very thanks, Carlos. It is important to have the solidarity of the friends – as well as that of the unrelateds. I want, too, to send you and your people our best wishes

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  1. Sempre interessante, tutto. Ah, aver più tempo e la mente libera! A volte, mi chiedo: come fanno quelli che si annoiano? Come fanno quelli che si procurano dei “passatempi”? Non sarebbe meglio procurarsi dei bei “rallentatempi”, con tutte queste meraviglie che ci circondano? Leggo volentieri ogni nuovo post.
    Federico

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