Due affollati congressi, svolti agli inizi degli anni Trenta del Novecento a Rimini e a Verona con la partecipazione di operatori e studiosi, hanno avuto l’effetto di rinnovare in Italia l’interesse per la rabdomanzia, una pratica sulla quale si stava allora indirizzando anche l’attenzione del regime fascista, in procinto di dar luogo all’espansione coloniale in regioni semidesertiche dell’Africa dove la capacità di reperire fonti di acqua sarebbe risultata strategica. Dopo quei due congressi hanno visto la luce varie iniziative, che per la maggior parte si sarebbero esaurite presto per mancanza di idee e di nuove adesioni.

Tra i libri che sul momento hanno avuto grande fortuna, ma sono stati poi dimenticati, figura un volume di Mario La Stella, giornalista e divulgatore scientifico di un certo valore sebbene le sue opere abbiano spesso il tono della propaganda politica e un gusto un po’ troppo spiccato per il mistero. Nel testo Rabdomanzia, pubblicato nel 1933 sulla base delle relazioni congressuali dei due anni precedenti, dopo aver presentato un excursus storico La Stella esaminava le ipotesi avanzate per spiegare la “capacità” di individuare la presenza sotterranea di flussi d’acqua e di metalli. Al termine, in una sintesi sulle differenti interpretazioni, riduceva la questione solo a tre opinioni: «Una sostiene che le masse minerali e le correnti di acqua sotterranee agiscano direttamente sugli apparecchi del rabdomante, come il pendolo, la bacchetta e così via, e in tal modo il rabdomante agirebbe secondo un procedimento geofisico sui generis. La seconda afferma che i giacimenti e le acque influenzano l’organismo del rabdomante e, di riflesso, lo strumento che quest’ultimo serra nelle sue mani, e questo processo avviene quindi mediante un meccanismo fisico-fisiologico. La terza, infine, prende in esame lo psichismo speciale del rabdomante e conclude che il fenomeno avviene in virtù di azioni e reazioni psico-fisiche» (pag. 42).

Augusta del Pio nel corso di una dimostrazione durante il congresso di Verona del 1932

La Stella riferiva poi le esperienze di diversi “operatori”, azzardando affermazioni (talora prive di senso) per cui il fenomeno sarebbe dovuto all’interferenza tra le radiazioni che fuoriescono dal sottosuolo e quelle che sono connesse all’organismo umano. Citava poi gli studi di un certo Alberto De Vita (probabilmente un argentino), inventore di un apparecchio con cui verificava il passaggio di correnti elettriche nelle zone individuate con la rabdomanzia e autore delle “scoperte” che le persone più anziane sarebbero meno portate per la rabdomanzia (in quanto gli organismi giovani “emanano” più energia di quelli vecchi) e che la diversa colorazione delle bacchette usate produrrebbe risultati diversi. Poi, tra i rabdomanti più dotati e di successo, La Stella parlava diffusamente di Augusta del Pio, spesso presente sui giornali dell’epoca per le sue dimostrazioni pubbliche dell’abilità di individuare corsi sotterranei di acqua.

Ferdinando Cazzamalli (primo a sinistra) sente il polso di Augusta del Pio dopo un test di rabdomanzia

Nel libro veniva quindi analizzata la persona del rabdomante. A parere di alcuni autori, tutti sarebbero in possesso di una “dote rabdica”, mentre secondo altri i veri rabdomanti sarebbero rarissimi. La Stella ricordava a questo punto l’opinione di Cazzamalli, per il quale «il fatto che una sostanza celata nel sottosuolo colpisca la sensibilità di alcuni soggetti umani e non di altri… conferma che per rabdomanzia si deve intendere una facoltà di conoscenza diversa dalle facoltà abituali, che soltanto alcuni soggetti dimostrano di possedere in confronto alla maggioranza che ne sarebbe priva» (pag. 102).

Interessanti, infine, le brevi note di La Stella sulle trasformazioni che appaiono accadere nell’organismo dei rabdomanti, sia a livello fisiologico (ad esempio, l’aumento della frequenza cardiaca) che a quello psicologico (ad esempio, la comparsa di uno stato di attenzione aspettante, o l’astrazione dal contesto), che oggi diremmo tipiche di uno stato modificato di coscienza. Quelle ricordate nel volume erano osservazioni sparse, non ottenute con ricerche sistematiche né raccolte dalla totalità dei testi disponibili; ma poiché molti anni fa ho effettuato alcuni riscontri informali sulla questione, posso confermare che alterazioni psico-fisiologiche esattamente dello stesso tipo avvengono realmente nelle persone che tentano di dare dei responsi con il pendolo o una bacchetta, per cui forse non sarebbe inutile approfondire l’argomento in maniera organizzata.

A un certo punto della sua trattazione La Stella ammetteva di aver deciso di provare in proprio qualche esperienza di rabdomanzia, notando con sorpresa come la bacchetta gli «si contorcesse con forza tra le dita ogni volta che io passavo su zone che erano già state sfruttate per la presenza di acque sotterranee o su zone che nascondevano fogne o tubature d’acqua. E c’erano ben trenta metri di terra tra me e l’acqua!» (pag. 103). Non sembra tuttavia che questi riscontri l’abbiano entusiasmato a sufficienza da trasformarlo in un rabdomante, anche se forse rafforzarono le sue curiosità per l’esame strumentale delle dimensioni collaterali della realtà: nel 1937 dette alle stampe un volume dedicato a Guglielmo Marconi, definito senza mezzi termini “mago dell’invisibile e dominatore degli spazi”.

6 pensieri riguardo “Sfogliando il passato. VI

  1. Molto interessante, l’articolo come il sito. Vivendo in campagna ho spesso sentito parlare del lavoro dei rabdomanti e della loro (reale o presunta?) utilità.
    Una domanda all’autore del sito: com’è vista la parapsicologia dalla comunità scientifica? Esistono prove valide o indizi che facciano pensare che vi sia qualcosa di vero in tutto ciò?

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    1. Se ci si riferisce alla rabdomanzia, bisogna ammettere che la comunità scientifica nel suo insieme tende a non dare credito alla faccenda. Il punto è che per giudicare il fenomeno secondo criteri scientifici ci si dovrebbe basare su dati raccolti con precisione e in condizioni controllate (che siano, cioè, affidabili al di là di ogni “atto di fede”): ma è innegabile che dati del genere manchino o, quanto meno, siano molto pochi. Poiché gli esperti di altre discipline non sono tenuti a occuparsi di tematiche che esulano dalla propria specializzazione, l’onere della raccolta di questi dati ricadrebbe, idealmente, sulle spalle dei “ricercatori psichici” o “parapsicologi”, gli unici che in passato hanno detto di ritenersi competenti sulla faccenda; purtroppo però sembra che nessuno si stia dando da fare in questa direzione, per cui la situazione è ferma. Al di fuori dell’ambito scientifico, al presente alcuni rabdomanti continuano a operare sul campo avendo buoni risultati – anche se, nella ricerca dell’acqua per lo scavo dei pozzi “lavorano” sempre meno, dato che esistono oggi tecnologie che garantiscono ottimi risultati. Ma se quei risultati vengono ottenuti grazie a inusitati “poteri” extrasensoriali (cosa che non credo), o in virtù di un “intuito sensibile”, o per pura “coincidenza”, nessuno è in grado di dire in maniera ultimativa; ma la forza e contemporaneamente la debolezza di questi casi è che qui quel che conta è trovare l’acqua, non mettere a punto una teoria che spieghi certi comportamenti.

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      1. La ringrazio. Un’ultima domanda, se possibile: l’intento del blog è puramente storico o, secondo lei, esistono prove sulla realtà dei fenomeni studiati dalla parapsicologia (telepatia, chiaroveggenza, spiriti eccetera)? Tratterà anche del caso degli animali “sapienti” (i cavalli di Elberfeld, ad esempio) e di Alister Hardy (che era un biologo ma si occupò anche di psi)?

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      2. La realtà dei “fenomeni” (io preferisco parlare di “esperienze”) studiati dalla parapsicologia deriva da nient’altro che dalle tante testimonianze che vengono date spontaneamente da una quantità di persone. Le diverse posizioni a cui si fa riferimento di solito (accettazione, rifiuto, critica, fideismo, scetticismo, precisazioni etc.) riguardano solo le “interpretazioni” dei contenuti di quelle testimonianze. Il blog vuole dare qualche informazione (ovviamente commentata, ma sostanzialmente corretta) su quel che è stato fatto e detto – in passato e oggi – in merito allo studio sulle esperienze parapsicologiche, non promuovere particolari tesi sulle “interpretazioni” dei fenomeni. Riguardo gli “animali sapienti”: sì, è in programma un cenno a quella faccenda. Mentre su Alister Hardy non avrei al momento nulla da dire: comunque se lei pensa di avere dati nuovi o di particolare interesse, può provare a proporceli, anche se non nella formula del commento.

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